giovedì 30 luglio 2009
Questo semplice test fa parte ancora una volta delle prime scene-studio effettuate con Indigo. Il tutto nasce da un modello di un omino LEGO trovato ancora una volta nella 3Dwarehouse. E' stata testata la funzione di instancing, che consente un notevole risparmio di RAM se si ha a che fare con modelli con molti poligoni; ovviamente non era questo il caso (la scena è molto piccola e sostanzialmente povera), ma il test ha avuto se non altro la funzione di confermare l'efficacia del sistema. L'environment utilizzato è un oggetto molto frequente in Computer Grafica, detto Cornell box, composto da una scatola (in genere con una parete mancante, quella dietro la camera virtuale), con due facce laterali colorate, tipicamente di rosso e blu o verde; al soffitto si trova una mesh emitter quadrata che è la sola fonte luminosa della scena. Questo modello è utilizzato dai programmatori di motori di rendering per controllare il fenomeno del colour bleeding, ossia quella percentuale di colore che viene riflessa su superfici adiacenti ad una superficie colorata. Qui, più che una scena fine a se stessa, il Cornell box è diventato un vero e proprio scenario.
mercoledì 22 luglio 2009
Una semplice scena che fu uno dei primi test che effettuai con Indigo. L'attenzione doveva essere focalizzata sul materiale usato per il pavimento: come si può osservare, la specularità della superficie non è uniforme. Questo particolare dettaglio è reso attraverso l'uso di una exponent map, che ha la funzione di definire (dopo una variabilmente complessa procedura di UVmapping) per l'appunto le zone con riflessione più sfocata e quelle con riflessione più nitida. In effetti, la capacità di gestire ed utilizzare mappe di riflessione è una caratteristica che non si ritrova in molti motori di rendering, soprattutto se si parla di software piuttosto semplici ed intuitivi (in genere si tende a non voler complicare troppo la vita ai novizi della Computer Grafica aggiungendo parametri che si utilizzano raramente): una convinzione personale che ho via via affinato invece mi conferma l'utilità di questo tipo di variabile, soprattutto nel rendering per l'architettura.
Quest'immagine è stata realizzata ormai un paio di anni fa con Maxwell 1.6. Era una delle prime esperienze con l'uso del multilight, ed un primo tentativo di rappresentazione di una scena notturna. Il risultato, dopo una buona dose di photoshop, mi sembra tutto sommato soddisfacente. Resta da dire che personalmente ho abbandonato l'esplorazione dell'ottimo motore di rendering della NextLimit a causa di quella che considero una gran brutta gestione del plugin per SketchUp, che non consente una agevole ottimizzazione delle geometrie, nè la gestione in generale delle caratteristiche di bridge. Attualmente si sta lavorando alla versione 2.0 del programma, in una ipotesi positivista ci auguriamo che venga aggiornato e migliorato pure il plugin.
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